I calamari di Port Sant Francis (Sudafrica)
Sabato (1° giorno), dopo un volo di 10 ore, uno scalo di due, ed un ultimo volo di altre due ore, atterriamo a Port Elizabeth. Ci troviamo in Sudafrica e più precisamente nella Wild Coast, settecento km a nord di Città del Capo. Un’ora di auto ci separa dalla nostra meta finale; Port Sant Francis. Questo piccolo porto ospita una flottiglia di pescherecci adibiti alla pesca dei calamari. L’oro bianco; così vengono chiamati i calamari per via del loro valore commerciale. Ogni anno durante il periodo compreso tra il 25 ottobre e il 22 novembre, viene effettuato un fermo pesca, per consentire ai calamari di deporre le uova. Le uova vengono deposte durante tutto l’arco dell’anno, con il picco massimo durante questo periodo. Grazie al fermo pesca è possibile immergersi proprio nelle zone di deposizione, un’occasione unica per documentare il ciclo biologico di questi alieni animali. Il nostro hotel si trova di fronte al porto, le camere si affacciano sulla darsena dove sono ormeggiati i gommoni che useremo per le immersioni, una soluzione veramente comoda. Le camere, spaziose e confortevoli, sono dotate di televisione, utilissima per visionare il materiale girato. Mark Addison è la nostra guida anche per questa avventura. Le immersioni distano c.ca 15/20 minuti di gommone, ovviamente a seconda delle condizioni del mare.
Domenica (2° giorno), alle ore 9 siamo pronti per partire verso la nostra prima immersione. Il mare calmo ci consente di arrivare velocemente sul punto di immersione. Mark ci informa che non sembra esserci traccia di attività dei calamari, sul fondo troveremo per ora solo dei grandi ammassi di uova. Scendiamo in un’acqua verdognola, la visibilità si aggira sui 6/7 metri e la temperatura e di c.ca 18 gradi. Giunti sul fondo a 24 metri, trascorriamo l’immersione effettuando riprese delle uova; il fluttuare di queste migliaia di filamenti arancione è una vista affascinante. Ogni “egg fingers”, praticamente ogni tubicino arancione, contiene c.ca 150/200 uova. Una femmina durante il periodo di riproduzione può deporre fino a 50/60 di questi piccoli cilindri. I calamari non prestano cure parentali; la loro strategia si basa sull’elevato numero di uova deposto contemporaneamente, il tasso di mortalità dei neonati si aggira sul 90%. Durante le riprese ci accorgiamo, che data la dominante verde dell’acqua, conviene settare la telecamera in luce artificiale (indoor), in questo modo le riprese risultano più equilibrate. Altro problema è costituito dall’inevitabile risacca, più o meno presente a seconda della profondità. Risaliamo dopo c.ca 50 minuti di immersione (grazie alla miscela nitrox) e Mark ci comunica che i calamari sono stati individuati, da un gruppo di ricercatori, in un sito non molto lontano. Rientriamo al porto per effettuare tutti i cambi necessari e nel primo pomeriggio ripartiamo per la seconda immersione. Il mare è completamente differente rispetto alla mattina, piccole creste bianche accompagnate da un cielo plumbeo, lasciano presagire un’imminente cambio meteorologico. Ci tuffiamo agitatissimi; la visibilità è peggiorata leggermente, sul fondo a 28 metri, si materializza una scena da brivido. Squali toro e decine di trigoni di ragguardevoli dimensioni, sfrecciano tra migliaia di calamari. Tra la sabbia bianca, isole di uova del diametro di 4/5 metri, sopra le quali volteggiano le coppie di calamari, in cerca del luogo adatto per deporre le uova. Mi accorgo subito che data la sospensione e la visibilità, per non parlare della mobilità dei soggetti, conviene lavorare a fuoco manuale, specialmente per carrellate e panoramiche in grandangolo. E’ molto facile farsi prendere la mano e cercare di filmare a destra e a manca senza una logica, invece conviene fin dall’inizio pianificare su cosa concentrarsi ad ogni immersione. Ad esempio si può dedicare un’immersione alle riprese grandangolari, per documentare i tentativi dei predatori di procurarsi un lauto pasto. Oppure, lavorare di zoom per catturare le immagini relative alla deposizione delle femmine, con il maschio sopra che la protegge, o ancora, rimanere a 3 o 4 metri dal fondo per documentare gli accoppiamenti e le lotte tra maschi. Ma la difficoltà maggiore è costituita dai trigoni; questi animali, essendo in piena frenesia, non esitano a caricare i subacquei che inavvertitamente si trovano nella loro traiettoria…l’ho esperimentato personalmente con un grosso animale che veniva verso la telecamera, naturalmente da buon operatore io sono rimasto fermo, aspettando che l’animale all’ultimo scartasse, invece mi è sbattuto contro, ribaltandomi all’indietro, un’esperienza tutt’altro che piacevole. Risaliamo in barca elettrizzati e carichi di idee da realizzare il mattino seguente.
Lunedì (9° giorno), finalmente, tornano i calamari, ma purtroppo mancano i predatori. Decido di concentrarmi sull’accoppiamento. Le copie di calamari si formano il mattino presto, a 4 o 5 metri di altezza sopra le uova. Il maschio feconda la femmina in posizione parallela, introducendo lo sperma direttamente nel ………Molti maschi soli, cercano di accaparrarsi le femmine che sono già in coppia, questo scatena furiosi combattimenti tra maschi. Altri piccoli maschi chiamati “sneakers” sono invece tollerati dai maschi adulti. Gli sneakers si accoppiano con le femmine in posizione frontale, depositando lo sperma tra i loro tentacoli.
Drammatica invece l’immersione del pomeriggio; dopo avere sbagliato per ben 2 volte il punto di immersione, scendo sul punto giusto e mi accorgo di un’amara sorpresa, l’ottica della telecamera è segnata… probabilmente nel trambusto del sali e scendi, con un mare veramente agitato, qualcuno in barca inavvertitamente a provocato il danno. Così, rinuncio all’immersione.
Martedì – venerdì (4° - 7° giorno) Nei quattro giorni successivi il mare diventa quasi impraticabile, le onde di dimensioni incredibili scavalcano addirittura la diga del porto. Malgrado queste condizioni proibitive, Mark esce puntualmente ogni giorno, per valutare la situazione, ma il problema non è tanto il mare quanto la visibilità in acqua ora mai ridotta a zero. Con una visibilità così ridotta anche i calamari stazionano al largo, deporre le uova senza visibilità sarebbe troppo pericoloso. Tentiamo, un giorno che il cielo si apre un poco, di immergerci in un punto che dista 25 km. Due ore di gommone in un mare con onde di 4 / 5 metri, per tuffarci e una volta giunti sul fondo risalire perché non riuscivamo a vederci neanche le mani. Per fortuna che Mark ci mette un acquario in camera, nel quale ha inserito delle uova abbastanza mature; così per ammazzare il tempo, filmiamo i piccoli calamari dentro le uova, per fortuna avevamo portato le lenti addizionali!
Sabato (7° giorno), dopo sette giorni dal nostro arrivo, la visibilità migliora. Ci immergiamo tra isole di uova, ma dei calamari non c’è traccia.
Domenica (8° giorno), di nuovo fermi causa meteo e visibilità.
Lunedì (9° giorno), finalmente, tornano i calamari, ma purtroppo mancano i predatori. Decido di concentrarmi sull’accoppiamento. Le copie di calamari si formano il mattino presto, a 4 o 5 metri di altezza sopra le uova. Il maschio feconda la femmina in posizione parallela, introducendo lo sperma direttamente nel ………Molti maschi soli, cercano di accaparrarsi le femmine che sono già in coppia, questo scatena furiosi combattimenti tra maschi. Altri piccoli maschi chiamati “sneakers” sono invece tollerati dai maschi adulti. Gli sneakers si accoppiano con le femmine in posizione frontale, depositando lo sperma tra i loro tentacoli.
Martedì (10 giorno), la visibilità peggiora ulteriormente, e i calamari spariscono di nuovo. Decidiamo di tentare l’immersione a Oyster Bay, 25 km di distanza. Scendiamo in acqua, temperatura di 16 gradi, visibilità 3 / 4 metri, calamari in quantità notevoli, ma soprattutto il fondale è completamente differente. Si tratta di un reef, ornato da colori vivacissimi, tipici delle acque fredde. Gorgonie a frusta, spugne, organismi incrostanti, fanno da quinta allo spettacolo offerto dai calamari. Mercoledì (11 giorno), torniamo ad Oyster Bay. Effettuiamo due buone immersioni, peccato solo che qui i predatori non siano numerosi come nella baia dove abbiamo effettuato le prime immersioni.
Giovedì (12 giorno), ripartiamo alla volta di Oyster Bay, durante il tragitto ci imbattiamo in una megattera con il suo piccolo. Quest’ultimo ci regala una spettacolare esibizione di salti della durata di ben 10 minuti. Giunti ad Oyster Bay effettuiamo le due immersioni previste, ma al ritorno veniamo sorpresi da un mare terribile. Dopo due ore da incubo, tutti ammaccati rientriamo in porto e siamo ben felici di rimettere piede a terra.
Venerdì (13 giorno), ennesimo viaggio fino ad Oyster, ma sorpresa… troviamo l’acqua con una temperatura di 9°…ovviamente nessuna traccia dei calamari. Riusciamo comunque ad effettuare due immersioni all’interno della baia prospicente il porto, ma la pessima visibilità, e la temperatura bassa, rendono l’imersione tutt’altro che piacevole.
Sabato (14° giorno), rientro in Italia.
Conclusioni: Si tratta di una meta nuova, sicuramente non adatta ai principianti o a chi soffre il mare. Le condizioni meteo imprevedibili, suggeriscono di investire almeno una decina di giorni. L’esperienza è sicuramente appagante, ma la meta è sconsigliabile ad eventuali accompagnatori non subacquei, in quanto la zona, oltre al suddetto Tsitsiskama e al parco Addo, non presenta particolari interesse. Da tenere anche presente che Port San Francis non possiede alcuna spiaggia.
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INDIRIZZI E INFORMAZIONI UTILI
Reportage realizzato in: ottobre / novembre 2005
Stagionalità: ottobre / novembre
Come arrivare: voli da svariati aeroporti europei per Johannesburg (dieci ore e trenta) e poi un altro volo di c.ca 2 ore per Porth Elizabeth.
Visto: nessun visto richiesto.
Corrente elettrica: 220 wolt
Precauzioni sanitarie: nessuna.
Lingua: africans, inglese
Camera iperbarica: in loco.
Mark Addison http://www.bluewilderness.co.za
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